Francia, Israele, Pakistan e Australia: i nuovi partner della Cina nella lotta al terrorismo internazionale.

Ludovica Cascone 14/04/2015
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Dopo gli attentati dell’ottobre del 2014 a piazza Tiananmen e del marzo del 2014 a Kunming, la Cina ha avviato una profonda rivisitazione delle capacità nel settore della lotta al terrorismo.

Secondo quanto riportato dal sempre ben informato Intelligence Online e dalla rivista francese Slate.fr, Pechino ha deciso di stabilire una cooperazione con quattro Paesi, fortemente affetti dal terrorismo di matrice islamista, per elaborare una strategia di contrasto basata sulla raccolta di informazioni e sull’addestramento delle proprie forze di sicurezza. (nell’immagine in alto, mappa degli attacchi terroristici condotti in Cina dal 2005. Fonte: Quartz.com)

Le stesse fonti riferiscono che i quattro Paesi accuratamente selezionati dal governo cinese sono:

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  • Pakistan, il cui apparato militare ha forti legami con Pechino e con cui la Repubblica Popolare condivide una piccola porzione delle frontiere occidentali;
  • Israele, per via della sua esperienza nella lotta contro i gruppi armati islamisti;
  • Australia, recentemente interessata da attentati di matrice islamista e dove risiede un’importante comunità cinese;
  • Francia, per apprendere le tecniche di lotta al terrorismo.

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Le esigenze di sicurezza di Pechino non riguardano solo la minaccia terroristica rappresentata dai separatisti uiguri, etnia turcomanna di fede islamica residente nello Xinjiang, l’estrema regione occidentale della Cina un tempo attraversata dalla Via della Seta. La Cina vuole anche proteggere i propri interessi in Africa, dove si trovano due milioni di cinesi circa, impegnati nella costruzione di strade e ponti e nel settore minerario. Per tutelare i propri cittadini nel continente africano, i quali rischiano di essere sequestrati dai gruppi terroristici come Boko Haram, la Cina si è finora rivolta a società di sicurezza statunitensi. Ma la volontà di Pechino di ricevere formazione in materia di lotta al terrorismo dalla Francia è un indice del fatto che il governo cinese preferisce avvalersi dell’esperienza francese in Africa.

“In Africa, Pechino ha preferito la collaborazione con Parigi a quella con Washington”

I contatti presi da Pechino con i talebani e il governo di Kabul per stabilizzare la situazione in Afghanistan non vanno considerati solo come un tentativo di rendere sicura una via commerciale a ovest della frontiera cinese, che coincide con l’antica Via della Seta. Questo percorso un tempo era utilizzato per lo scambio di merci, ma anche di idee e pensieri, e contribuì alla diffusione del Buddismo, forgiando il crogiolo di culture dell’Asia Centrale, in cui grazie a questi scambi culturali, l’iconografia persiana, greca, indiana, cinese e dei nomadi delle steppe venne rielaborata producendo tesori come quelli dell’arte del Gandara.

Oggi, questa Via sembra essere utilizzato per tutt’altri scopi, come dimostra un episodio dello scorso gennaio, quando una dozzina di cittadini turchi sono stati arrestati a Shanghai con l’accusa di organizzare il viaggio di un gruppo di uiguri verso le aree di combattimento in Siria e Iraq, attraverso l’Afghanistan.


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