E’ il primo foreign fighter che racconta la sua tragica esperienza all’interno di un campo di addestramento gestito dallo Stato Islamico (IS). Il suo nome, di fantasia, è Mehmet e la sua storia è stata narrata lo scorso 26 febbraio dall’emittente tedesca ARD che ha raccolto la testimonianza di chi ha vissuto un periodo drammatico, pieno di stenti e delusioni. (nell’immagine a destra, il giovane Mehmet, mostrato di spalle dal l’emittente televisiva ARD)
“Voglio parlare della mio tempo trascorso nel campo in modo che altri giovani non commettano lo stesso errore” dice Mehmet ai microfoni di ARD, prima di sostenere che insieme a lui vi erano numerosi aspiranti combattenti, provenienti soprattutto da Francia, Germania, Arabia Saudita e Tunisia: “molti di loro, come me, vogliono tornare”.
Secondo il servizio della ARD, sarebbero 600 i cittadini tedeschi andati a combattere tra le fila dello Stato Islamico (IS): 200 di questi avrebbero fatto ritorno in Germania.
La tragica avventura di Mehmet è iniziata un anno fa, quando furono le “cattive compagnie” a trascinarlo nel tunnel dei reclutatori dell’estremismo islamico.
Mentre il ragazzo aveva problemi a scuola furono proprio quei reclutatori a sfruttare il disagio persuadendolo a raggiungere altri obiettivi nella vita.
“Sotto l’influenza di un mio amico”, ricorda Mehmet, “iniziai a distribuire copie del Corano e pregare cinque volte al giorno. La mia attenzione era tutta sull’Islam”.
Successivamente, Mehmet inizia il processo di radicalizzazione, con i “nuovi amici” che gli mostrano video dalla Siria e immagini di musulmani uccisi dalle forze di Al-Asad.
“I nostri fratelli musulmani muoiono in Siria”, gli diceva un suo amico, “e noi non possiamo stare qui con le mani in mano: dobbiamo partire per aiutarli”.
Il giovane acquista un biglietto aereo per la Turchia e si reca a Gazantiep, nel sud della Turchia, vicino al confine siriano. Qui, jihadisti tedeschi organizzano con trafficanti locali il suo ingresso in Siria. Il giovane viene portato a Jarabulus, vicino a Kobane.
E’ in un campo in quell’area che gli vengono confiscati telefono cellulare e carta d’identità. Ogni settimana, secondo ARD, giungono li 500 nuovi aspiranti.
Mehmet inizia a nutrire seri dubbi quando si accorge che i miliziani del campo non lottano per l’Islam, bensì per il piacere di combattere, di fare violenza.
Pochi comprendono le parole del leader locale, l’Emiro, che si esprime in arabo, con la traduzione in inglese e turco.
Chi non parla quelle lingue, non può capire il contenuto dei suoi discorsi o il suo invito a unirsi ai volontari per le operazioni suicide.
Sono i genitori di Mehmet a svolgere un ruolo fondamentale per il suo rientro in Germania, contattando il Violence Prevention Network (VPN).
E’ il VPN a monitorare gli spostamenti del giovane, a seguire il suo rientro in Turchia dalla Siria e il suo rientro nella società tedesca, per una seconda chance alla sua vita.