Nella notte tra domenica 26 e lunedì 27 agosto, sono scoppiati violenti scontri con armi pesanti alla periferia sud di Tripoli, nelle aree di Khallat al-Furjan, Salah al-Din e Ain Zara, dove si sono fronteggiate alcune milizie rivali: da un lato, la 7^ brigata di fanteria, secondo alcuni media libici facente capo al Ministero della Difesa del governo di accordo nazionale – dato smentito dal capo di Stato Maggiore di questo governo, il Gen. ‘Abd al-Rahman al-Tawil – e dall’altro, la Brigata “I rivoluzionari di Tripoli”, guidata da Haytham al-Tajuri, e la Brigata “Al-Nawasi”, che operano sotto l’egida del governo di accordo nazionale.
Testimoni oculari di Tripoli hanno riferito all’agenzia stampa libica LANA News , vicina al Parlamento di Tobruk e al Maresciallo Khalifa Haftar, che, tra il 26 e il 27 agosto, diversi razzi sono caduti nelle aree residenziali a sud della capitale, in particolare a Khallat al-Furjan. Lunedì 27 agosto vi è stata un’escalation degli scontri, in particolare dei bombardamenti con armi pesanti, in diverse aree a sud-ovest di Tripoli. Bawabat al-Wasat riporta che le aree che si estendono da Ben Gascir verso Tripoli dal lato sud sono da diversi giorni interessate da una notevole tensione, dal momento che alcune strade principali sono state chiuse e sono stati stabiliti checkpoint, in particolare nelle aree di Salah al-Din, Khallat al-Furjan e Wadi al-Rabi‘.
In seguito a un comunicato pubblicato il 27 agosto dal Consiglio presidenziale, con cui l’organo ha annunciato di avere dato ordine alla regione militare di Tripoli, al Ministro dell’Interno del governo di accordo nazionale e alle forze di sicurezza di “attaccare gli assalitori”, altre brigate e apparati di sicurezza si sono uniti alle Brigate “I rivoluzionari di Tripoli” e “Al-Nawasi” per fronteggiare le forze della 7^ Brigata, nota come “Al-Kaniyat”, con riferimento al cognome del suo comandante, Al-Kani. Alcune forze “Al-Kaniyat” hanno fatto irruzione, il 27 agosto, nella sede della 42^ Brigata, facente capo allo Stato Maggiore del governo di accordo nazionale; gli scontri avvenuti vicino alla sede, nell’area di Ain Zara, hanno portato alla morte di tre persone, un civile e due membri delle forze di sicurezza.
Il portavoce della Brigata “I rivoluzionari di Tripoli”, Jalal al-Warshafani, ha dichiarato che “coloro che attaccano le sedi militari dello Stato a Tripoli sono gruppi terroristici che erano stati cacciati” dalla capitale, spiegando che i gruppi che hanno attaccato la caserma Al-Yarmuk fanno parte della milizia “Al-Kaniyat”, cui si è unita un gruppo di ricercati che era stato espulso dalla capitale. Al-Warshafani ha sottolineato la presenza di famiglie sotto assedio nell’area di Salah al-Din, confermando che “la loro situazione è critica, a causa delle sparatorie indiscriminate con armi pesanti” da parte delle milizie, e che le ambulanze “non sono riuscite ad entrare nel sito a causa del bombardamento indiscriminato”, aggiungendo che “l’altra parte ha rifiutato qualsiasi negoziato per far uscire le famiglie intrappolate”.
D’altra parte, la 7^ Brigata di fanteria ha pubblicato un comunicato in cui ha affermato di aver espulso le milizie rivali dall’area di Ben Gascir e dalla caserma Al-Yarmuk, di cui ha confermato di aver preso il controllo, affermando che non avrebbe smesso di avanzare finché non avrebbe ripulito la Libia dai “corruttori del denaro pubblico” e fino a quando la Patria e i cittadini non godranno di assoluta sicurezza.
Infine, la sera del 27 agosto, il capo dei saggi e degli anziani di Tarhuna, Salih al-Fanidi, ha dichiarato che le fazioni in lotta a Tripoli hanno raggiunto un accordo di cessate il fuoco. L’accordo prevede la consegna dei checkpoint alla direzione di sicurezza di Tripoli e il ritorno di tutte le forze alle loro precedenti postazioni.
Questi scontri non fanno che confermare la fragilità della situazione a Tripoli, sede del governo di accordo nazionale, guidato da Fayez al-Sarraj, che gode del riconoscimento internazionale ma di un contestato riconoscimento a livello nazionale, non essendo in grado di mantenere l’ordine tra le milizie – ironicamente – assoldate per mantenere la sicurezza nella capitale. Ma gli scontri degli ultimi giorni si inseriscono in un quadro di instabilità ben più ampio, dopo l’attentato terroristico del 23 agosto, rivendicato dall’IS, contro il checkpoint di Wadi Ka‘am, nell’area di Zliten, che ha provocato diversi morti tra gli agenti di sicurezza di stanza nell’accesso, verificatosi nel terzo giorno dell’Id al-Adha, la più importante festività islamica. Nel frattempo, fonti di sicurezza libiche hanno rivelato che i residui delle Brigate per la Difesa di Bengasi (BDB), in cooperazione con la ex Guardia delle strutture petrolifere guidata da Ibrahim Jadhran, si stanno preparando a sferrare un nuovo attacco contro due importanti siti, la base aerea di Jufra e il Golfo di Sidra, oltre alla possibilità che lancino un attacco per prendere il completo controllo di Sebha. Dalla scorsa settimana, infatti, il Golfo di Sidra e l’area della Mezzaluna petrolifera sono interessati dallo stato di allerta per fronteggiare qualsiasi attacco delle cellule dell’IS o della “coalizione terroristica”, rappresentata da BDB e dalle forze di Jadhran.
In questo clima incandescente, la Libia si prepara alle elezioni presidenziali e parlamentari previste per il prossimo 10 dicembre, come deciso dalle principali fazioni libiche riunitesi a Parigi lo scorso 29 maggio. Elezioni che per il Presidente francese Emmanuel Macron, che le ha caldeggiate, serviranno a porre fine all’instabilità del paese e a risolvere una crisi che dura da sette anni, ma che, per altri attori, come l’Italia, non riusciranno nell’intento auspicato, se prima non saranno precedute da una completa riconciliazione, col rischio di generare ulteriore caos nel paese.