Nuovi preoccupanti venti di guerra soffiano sul Medio Oriente: confronto tra Israele e Iran in Siria

Ludovica Cascone 28/02/2018
Condividi

L’esercito israeliano pubblica la foto della base iraniana da cui è stato lanciato il drone

Sabato 10 febbraio, l’esercito israeliano ha annunciato di aver abbattuto un drone iraniano entrato nel proprio territorio attraverso i confini settentrionali del paese – il Golan. Dopo aver bombardato come ritorsione i sistemi di controllo iraniani in Siria, responsabili del lancio del drone che ha invaso lo spazio aereo israeliano, un F-16 e un F-15 israeliani sono stati – probabilmente – abbattuti da missili anti-aerei siriani. I piloti sono riusciti a salvarsi paracadutandosi dai velivoli prima che si schiantassero al suolo, atterrando in territorio israeliano.  

In seguito all’abbattimento dei propri velivoli, considerati le prime perdite subite da Israele nel corso del conflitto siriano, il paese ha lanciato una serie di raid contro quelli che ha definito “obiettivi iraniani in Siria”. Secondo Al Arabiya, le sirene di allarme hanno suonato nel Golan occupato da Israele dopo che l’esercito regolare siriano ha lanciato missili contro i caccia israeliani impegnati nella missione di distruggere diverse strutture iraniane in Siria, che supportano il regime di Bashar al-Asad nella guerra civile siriana.  

L’esercito israeliano ha spiegato di aver monitorato il lancio di un drone iraniano dall’aeroporto T-4, considerato da Israele una base controllata dall’Iran, attaccando questo obiettivo lo stesso 10 febbraio. Il drone, monitorato dai sistemi di difesa aerei israeliani e abbattuto da un elicottero Apache, è ora in possesso dell’esercito israeliano, come sottolineato dal suo portavoce, Jonathan Conricus.

Si tratta del primo incidente che vede direttamente coinvolti in Siria i due arcinemici della regione, Israele e Iran. Conricus ha affermato che l’Iran ha attaccato la sovranità di Israele e vuole trascinare la regione in un’avventura senza sapere come finirà. Questo nuovo preoccupante sviluppo nel conflitto siriano ha scatenato le reazioni degli altri attori direttamente e indirettamente coinvolti nel conflitto. Il 10 febbraio, gli Usa hanno ribadito il totale supporto al diritto di Israele di difendersi dalle minacce contro il proprio territorio e il proprio popolo tramite il portavoce del Pentagono, Adrian Rankine-Galloway, aggiungendo di volere un maggiore sforzo internazionale per respingere le attività dell’Iran nella regione. Lo stesso giorno, il Presidente russo Putin ha esortato via telefono il Premier israeliano Benjamin Netanyahu a evitare l’escalation in Siria e qualsiasi mossa in grado di creare un nuovo conflitto nella regione, dopo l’intensificazione dei raid israeliani nella regione centrale del paese, in particolare nella campagna di Damasco. Antonio Guterres, Segretario generale dell’ONU, si è unito all’appello russo chiedendo la fine immediata dell’escalation in Siria.

Sembra così avverarsi il monito di alcuni esperti internazionali sulla minaccia dello scoppio di una guerra regionale su vasta scala in Siria, nel caso in cui le parti interessate violassero le cosiddette “linee rosse” direttamente o indirettamente concordate sotto l’egida russa, riportato da Al Arabiya in un articolo dell’8 febbraio, due giorni prima dell’escalation tra Israele e Iran in Siria. Secondo il report dell’International Crisis Group, pubblicato il 7 febbraio, la “linea rossa” è rappresentata, per Israele, dall’avvicinamento delle milizie sciite alla linea di cessate il fuoco del 1974sulle alture del Golan occupato. In generale, Israele vuole evitare che i suoi avversari possano rafforzare la loro presenza militare permanente in Siria.

D’altra parte, sostengono gli esperti, la Russia è l’unico paese ad avere la capacità di concludere intese, specialmente tra Iran, Siria e Hezbollah, in grado di ridurre l’escalation della tensione. La migliore via d’uscita nella fase attuale sarebbe dunque un accordo in base al quale l’Iran e i suoi partner si impegnano a fermare la costruzione di grandi strutture militari, in cambio del mantenimento di un’influenza significativa in Siria, ma con altri mezzi.


Condividi