Tre mesi fa circa, è stata lanciata una campagna per la lotta alla corruzione in Arabia Saudita, nel corso della quale sono state arrestate oltre 200 persone sospettate di essere implicate in atti di corruzione, compresi decine di Principi, uomini d’affari, Ministri e importanti funzionari, i quali sono stati posti agli arresti nel lussuoso hotel Ritz-Carlton, a Riyad.
Tra i più importanti uomini d’affari sauditi detenuti nel carcere a cinque stelle vi sono il Principe Waleed bin Ibrahim Al Ibrahim, proprietario dell’emittente televisiva Middle East Broadcasting Company, e il Principe Turki bin Nasser Al-Sa‘ud, membro della famiglia reale saudita ed imprenditore. Entrambi sono stati scarcerati a fine gennaio assieme ad altri detenuti, le cui identità, al pari degli accordi finanziari raggiunti in cambio della loro scarcerazione e delle accuse rivolte ad ognuno di loro, non sono state rese note. Ciò che è noto è che i due Principi sono stati rilasciati dopo aver concordato con il governo saudita un accordo finanziario non meglio specificato e dopo aver riconosciuto di aver commesso violazioni non meglio definite.
Come riferito il 1° febbraio da Riyadh Post, la prossima riapertura del Ritz-Carlton Hotel, prevista per la metà di febbraio, potrebbe indicare che la campagna anti-corruzione è entrata in una nuova fase, in quanto la maggior parte degli arrestati sono già stati scarcerati e quelli che hanno rifiutato l’accordo finanziario con il governo saudita hanno lasciato l’hotel e saranno processati.
BBC Arabic ha invece riferito che il Pubblico Ministero saudita, Sa‘ud al-Ma‘jab, ha reso noto il bilancio degli accordi raggiunti con i sospettati di corruzione, che ammontano a 400 miliardi di riyal, pari cioè a 107 miliardi di dollari circa, che sarebbe il valore di diverse attività cedute alle autorità saudite e rappresentate da immobili, società, titoli finanziari.
Il Re saudita Salman bin ‘Abd al-’Aziz Al Saud ha ordinato a inizio novembre la formazione di un alto comitato per la lotta alla corruzione, composto da importati funzionari sauditi e presieduto dall’erede al trono, Mohammad bin Salman Al Saud, nell’ambito di un “programma di riforma volto ad affrontare un problema di lunga data che ha ostacolato gli sforzi per lo sviluppo del Regno saudita negli ultimi decenni”.
Lo scopo di questa campagna anti-corruzione è probabilmente quello di raccogliere il denaro necessario per avviare le riforme volute dall’erede al trono Mohammad bin Salman Al Saud, autore della stessa campagna e di una serie di riforme volte a modernizzare il paese, come parte del piano Vision 2030, elaborato dallo stesso erede al trono e lanciato dal padre Salman, finalizzato a ridurre la dipendenza del paese dal petrolio, diversificare la sua economia e sviluppare i servizi pubblici, compresi l’intrattenimento e il turismo. Come parte di questo piano, il Re saudita, sempre su iniziativa del figlio, ha abolito il divieto di guida imposto alle cittadine saudite e il bando di 35 anni che vietava l’apertura di cinema nel paese.
D’altro canto, questa campagna sembrerebbe mirare a consolidare il potere e l’influenza del Principe ereditario Mohammad bin Salman, come fa presupporre una lettera inviata dal Principe Turki bin Nasser dopo la sua scarcerazione al Re Salman, in cui lo ringrazia per il suo rilascio e conferma la propria fedeltà e supporto al Ministro della Difesa erede al trono.