In vista delle prossime elezioni presidenziali in Algeria, diversi circoli politici del paese stanno cominciando a fare campagna elettorale a favore dell’attuale presidente Abdelaziz Bouteflika, promuovendo le conquiste raggiunte negli ultimi 20 anni dall’Algeria sotto la guida del vegliardo presidente, classe 1937, al suo quarto mandato consecutivo da Presidente della Repubblica, ottenuto per la prima volta nel 1999.
Le elezioni presidenziali algerine si terranno nel primo semestre del 2019, e il Presidente verrà eletto per ballottaggio; sia la data delle elezioni che i candidati devono ancora essere scelti. Ciononostante, i sostenitori di Bouteflika hanno già cominciato a promuovere il suo quinto mandato da Presidente, forti dell’adesione del più importante sindacato algerino, l’Unione generale dei lavoratori algerini, alla lista dei sostenitori della candidatura dell’ottuagenario Presidente alle elezioni del 2019. Il sindacato ha giustificato la sua decisione citando i progressi realizzati da Bouteflika nel settore dell’impiego e, in generale, per il paese. La base dei sostenitori del Presidente Bouteflika è sorretta inoltre dal “Fronte di Liberazione Nazionale”, di cui Bouteflika è Presidente, partito nato nel 1954 per conseguire l’indipendenza dell’Algeria dalla Francia. Inoltre, le ripetute apparizioni pubbliche nell’arco di un mese circa dell’anziano Presidente (all’inaugurazione di due moschee e di una stazione metro e l’ispezione dei lavori della Grande Moschea di Algeri), noto per le sue rare comparse ad eventi pubblici, spingono a pensare che il Presidente voglia scendere in campo per la quinta volta e smentire i rumors sulle sue malferme condizioni di salute, soprattutto dopo l’ictus che lo ha colpito nel 2013.
Il quotidiano panarabo Al-Hayat ha riferito che sono quattro i candidati non ufficiali alle prossime elezioni: Abdelaziz Bouteflika; il Primo Ministro Ahmed Ouyahia; l’ex Primo Ministro Mouloud Hamrouche, e l’ex Ministro dell’Energia, Chakib Khelil. Tuttavia, Ahmed Ouyahia, considerato la personalità più importante sulla scena politica algerina dopo Bouteflika, ha messo in chiaro che non correrà contro l’attuale Presidente, il quale ha vinto gli ultimi quattro mandati presidenziali con una maggioranza di voti schiacciante rispetto ai suoi avversari.
Intanto, anche coloro che si oppongono alla quinta rielezione di Bouteflika si stanno mobilitando. Il Presidente del Raggruppamento per la Cultura e la Democrazia (RCD), Mohcine Belabbas, ha dichiarato che “l’orientamento delle autorità al governo di promuovere la candidatura dell’attuale Presidente alle elezioni presidenziali della prossima primavera ignora le precarie condizioni di salute di Bouteflika, aggravate dall’ictus della primavera del 2013”. Belabbas ha sottolineato che “l’Algeria ha bisogno più che mai di un Presidente che fissi il percorso e apra a nuovi orizzonti, e non di un Presidente che inganna l’opinione pubblica sulle sue condizioni di salute”. Il Presidente del Partito di opposizione RCD ha evidenziato le problematiche principali poste dall’ennesima rielezione di Bouteflika alla guida del paese: “Gli algerini attendono con ansia una seria possibilità di cambiamento ed elezioni che portino un Presidente che guidi il suo governo verso l’attuazione delle grandi riforme in diversi settori, un Presidente in grado di convincere gli algerini degli scopi che è necessario raggiungere assieme, un Presidente che si rivolga loro nella loro lingua, e non attraverso le lettere lette da altre persone”.
Dopo l’ictus che nel 2013 ha colpito Bouteflika, l’attuale Presidente algerino ha capacità motorie e verbali ridotte, tanto che si muove in sedia a rotelle e molto spesso, quando vuole rivolgersi ai suoi cittadini, deve farlo attraverso una lettera scritta, letta da Ministri o importanti personalità del governo. Cosa spingerebbe dunque a promuovere la rielezione di un Presidente di 81 anni perché guidi per altri cinque anni un paese che conta ricchissime riserve petrolifere, ma anche un tasso di disoccupazione tra i più alti del Nord Africa? La risposta è forse nelle parole di Ali Benflis, ex Primo Ministro algerino sconfitto da Bouteflika nelle elezioni del 2004, secondo cui “le condizioni di salute del Presidente hanno lasciato un vuoto di potere che ha permesso alla sua cerchia di assumere il controllo”, descrivendo queste “forze incostituzionali al potere” come “persone con affari loschi che gravitano attorno al Presidente e che gestiscono il potere al suo posto”.
L’Algeria è caratterizzata da una situazione di sicurezza stabile nelle grandi città, ma instabile nelle regioni meridionali del paese, in particolare nelle aree al confine con Libia e Mali, dove rimangono attive cellule terroristiche di AQIM (Al-Qaeda nel Maghreb Islamico, l’ala locale dell’organizzazione), Al-Murabitun e del sedicente Stato Islamico (IS). Il paese fornisce grandi quantità di gas naturale ai paesi africani e all’Europa e le esportazioni di energia sono la spina dorsale dell’economia algerina, con riserve petrolifere stimate in 12 miliardi di barili circa, che attirano l’interesse di grandi compagnie petrolifere. Tra queste, vi sono società italiane come l’ENI, il cui amministratore delegato, Claudio Descalzi, ha dichiarato un anno fa che la sua società pianifica investimenti miliardari in Algeria per i prossimi tre anni, inseguendo l’obiettivo di trasformare l’Italia in un hub in cui far affluire il gas e il petrolio di Algeria e Libia diretti verso l’Europa.
Nonostante le ricchezze energetiche, la povertà tra gli algerini è dilagante e la disoccupazione è alta (oltre l’11%), particolarmente tra i giovani. Ciò scatenò proteste nel gennaio 2011, sull’onda della Primavera araba, durante le quali i manifestanti chiesero le dimissioni di Bouteflika, allora al potere da 12 anni, oltre alla lotta alla corruzione, alla disoccupazione giovanile e alla povertà, cui il governo rispose ordinando il taglio dei prezzi dei principali generi alimentari e l’abrogazione dello stato di emergenza, in vigore da 19 anni; ma, di fatto, corruzione, povertà e disoccupazione sono rimaste pressoché invariate.
In questa situazione, la rielezione di Bouteflika ad un quinto mandato presidenziale condannerebbe l’Algeria all’immobilità economica e sociale, gettando una cupa ombra sul rafforzamento del sistema oligarchico che governa il paese da dietro le quinte. Nel caso in cui l’anziano Abdelaziz Bouteflika sia colpito da un nuovo – fatale – malore durante il suo quinto mandato, secondo rumors diffusi nelle strade algerine sarà suo fratello Said, già consigliere del Presidente della Repubblica, a prendere il suo posto; lui, oppure un militare di alto grado, come Ahmed Gaid Saleh, capo di Stato Maggiore e militare molto vicino al Presidente. In entrambi gli scenari, in molti scommettono che la transizione sarà gestita dall’oscura oligarchia militare al potere.