Il 1° marzo, al 21° giorno dell’operazione militare “Sinai 2018”, l’esercito egiziano ha annunciato l’uccisione di 13 soggetti armati nel nord del Sinai. Secondo un comunicato riportato dalla televisione egiziana e pubblicato dal portavoce dell’esercito egiziano sul proprio account Facebook, l’esercito “prosegue l’attuazione della missione per ripulire la regione settentrionale e centrale del Sinai dal terrorismo e imporre il proprio controllo dei confini terrestri e marittimi”. L’esercito egiziano ha inoltre annunciato il raggiungimento dei seguenti risultati:
L’operazione Sinai 2018 è stata lanciata il 9 febbraio in risposta al sanguinoso attentato avvenuto il 24 novembre 2017 nella moschea Al-Rawda, nel nord del Sinai, quando una bomba è esplosa nel corso della preghiera del venerdì uccidendo diversi fedeli, aderenti al sufismo, e decine di soggetti armati hanno sparato sui fedeli che cercavano di fuggire. Il bilancio definitivo di questo attentato, il più sanguinoso nella storia dell’Egitto, è stato di 311 persone uccise e centinaia di feriti. L’attentato è stato attribuito al sedicente Stato Islamico (IS), che aveva minacciato di uccidere i sufi che non si fossero pentiti. In un discorso televisivo pronunciato lo stesso 24 novembre, dopo la notizia dell’attentato, il Presidente egiziano Abd al-Fattah al-Sisi aveva promesso che le forze egiziane avrebbero risposto con la “forza bruta”.
Il Sinai è teatro di instabilità e di scontri tra le forze armate egiziane e diversi gruppi islamisti, alcuni dei quali hanno prestato giuramento di fedeltà all’IS, dal 2013, quando, con un colpo di Stato militare, il Gen. Abd al-Fattah al-Sisi, allora Ministro della Difesa, ha rimosso il Presidente Mohamed Morsi. Inoltre, nel 2014, il Sinai è stato dichiarato dal sedicente Stato Islamico una sua “Provincia (Wilaya)” dal sedicente Stato Islamico, che ha sferrato diversi attentati che hanno colpito in particolare le forze dell’ordine e dell’esercito egiziane.